MIBAC: UN MINISTERO IN DISFACIMENTO
Tutti coloro che si riempiono la bocca della parola magica “Costituzione” e si ammantano degli abiti di Vestali addette alla sua più acritica protezione sono spesso coloro che poi quotidianamente stracciano alcuni suoi importanti contenuti.
Basti dire che essa tutela espressamente il Paesaggio all'art. 9, ma se c'è una cosa che è stata stuprata, devastata e saccheggiata da sempre dalla classe dirigente politica nazionale ed amministrativa locale è stato proprio il paesaggio.
L'art. 9, inoltre, insieme all'art. 117, tutela i Beni Culturali ma, qualunque fosse il governo in carica, il Ministero per i Beni Culturali è stato da tutti sempre considerato un ministero di serie B, cui sono stati sempre più tagliati i fondi a disposizione, spesso male spesi, in verità.
Ormai il MIBAC è arrivato alla
frutta: gli ispettori non hanno più i mezzi per fare i sopralluoghi, il
turnover è stato bloccato per cui molti uffici periferici rischiano di rimanere
completamente o quasi sprovvisti di tecnici, una piccola casta burocratica autoreferenziale
ha sempre impedito e boicottato, per l'insipienza e l'incompetenza dei vari
ministri succedutisi, qualsiasi forma di modernizzazione e di adeguamento alle
nuove esigenze.
D'altra parte, le enormi
difficoltà economiche in cui si dibatte il nostro paese - e tali rimarranno
ancora per molti anni - richiederebbero, invece, un totale cambio di abitudini
e di organizzazione.Ricordiamo come il crollo di un muro di Pompei destò un grande scandalo su tutta la stampa e poi si apprese che i soldi per la manutenzione erano già stati stanziati, ma la burocrazia non era stata capace di fare la gara d'appalto.
Il coinvolgimento di privati, del
volontariato, degli enti locali diventa sempre più ineluttabile. Tuttavia basta
vedere come l'apparato faccia di tutto per disapplicare l'art. 117, che affida alle
Regioni la valorizzazione dei Beni Culturali. Queste ultime sono da parte loro
(salvo pochissime eccezioni) assolutamente impreparate, sia dal punto di vista normativo,
sia da quello strutturale, né stanno facendo nulla per attrezzarsi.
Per quanto riguarda, poi, la
partecipazione dei privati, basta vedere quello che è successo con Della Valle
ed il Colosseo, per capire l'aria che tira con uno statalismo totalizzante
radicato in troppi settori del nostro paese e con le tante anime belle che
preferiscono la distruzione di un monumento ad una contaminazione dal “vile”
denaro dell'imprenditoria. Basta anche vedere come, all'interno del Ministero stesso, un'ottusa consorteria abbia sempre cercato di boicottare, riuscendoci, qualsiasi forma di ammodernamento dei nostri Musei dal punto di vista dei servizi di accoglienza (bookshop, bar, ristoranti, ecc.), impedendoci di adeguarli a quanto avviene tranquillamente all'estero.
Dopo i terremoti dell'Irpinia e
dell'Umbria avevamo ingenuamente pensato che il Ministero si fosse almeno
adeguato organizzativamente in caso di gravi eventi calamitosi con un piano
d'intervento: magazzino con materiale ed attrezzature, elenchi di personale di
pronto impiego.
Nulla di tutto questo: basti dire che dopo i primissimi giorni
era già finito il materiale necessario per imballare le tante opere d'arte che
venivano portate in salvo da edifici e musei crollati e pericolanti, in una
corsa contro il tempo, mentre incombeva il pericolo di pioggia (problema
fortunatamente risolto dall'Archeoclub di Pescara); ugualmente scarseggiavano
incredibilmente i mezzi con cui trasferire al sicuro le opere.
Nel centro
operativo della Protezione Civile presso la scuola della Guardia di Finanza i
pochi funzionari del Ministero operavano, usando le pettorine di
un'associazione nazionale di volontariato alla quale era stato appaltato
l'intervento di recupero con totale esclusione di qualsiasi altra forma di
partecipazione di volontari, università compresa. Ricordiamo un Soprintendente
che, unica persona in giacca e cravatta, trascorreva il suo tempo in interviste
fra un servizio televisivo e l'altro, anche ritardando in un'occasione un'operazione
di recupero urgente perché aspettava l'arrivo di una troupe televisiva.
Fortunatamente abbiamo assistito anche, da parte del personale della Soprintendenza,
a casi di assoluta abnegazione e sacrificio. Basta citare la dottoressa
Veronica De Vecchis che, scampata in pantofole alla distruzione della sua
abitazione e fornitasi di indumenti di fortuna, ha iniziato subito uno
straordinario lavoro di direzione delle squadre, senza risparmiarsi in alcun
modo, mettendo anche a rischio la propria salute.
Dobbiamo anche denunciare il
fatto che alcuni dei più gravi danni inferti al patrimonio artistico abruzzese
sono stati causati da passati interventi di restauro della Soprintendenza, che
in molti casi sostituì all'elasticità del legno la rigidità ed il peso del
cemento. L'uso sconsiderato di quest'ultimo materiale grida ancora vendetta per
la distruzione della torre medicea di S. Stefano di Sessanio (AQ).Anche in Emilia il Ministero non ha certo brillato in quanto, fra l'altro, sono state consentite troppe frettolose demolizioni per motivi di sicurezza, mentre si poteva procedere con maggiore accortezza ed equilibrio.
Occorre quindi (ma chi lo farà
mai con il grave analfabetismo di ritorno che attanaglia tutta l'Italia?) una
totale rivoluzione nella gestione dei Beni Culturali.
Ma di questo avremo modo
di riparlarne.
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